Cos’è il copywriting

Vediamo insieme cos’è il copywriting Innanzitutto vediamo il significato di copywriting Il copywriting è l’attività all’interno del campo più ampio del marketing di scrittura di testi pubblicitari con l’obiettivo di attirare e catturare l’attenzione di un pubblico target al fine di ottenere vendite o generare lead. Chiunque scriva un testo del genere è chiamato copywriter. Per tanto cos’è il copywriting? “Copywriting” è un termine inglese che si riferisce specificamente alla scrittura di testi pubblicitari, quindi è un lavoro che richiede non solo competenze linguistiche e creatività sufficienti, ma anche conoscenze di marketing per consentire ai clienti di raggiungere gli obiettivi prefissati. Ma quindi qual è lo scopo del copywriting I risultati raggiunti attraverso il materiale pubblicitario possono essere vari, ma questi sono sempre strettamente correlati all’attivazione di azioni specifiche dell’utente, soprattutto l’acquisto. Quindi chi si occupa di copywriting deve essere un venditore che con le parole giuste riesce a convincere il cliente/utente a fare un’azione: comprare o addirittura rispondere ad una possibile vendita futura, ottenendo un lead o meglio ancora un prospect. Insomma, i copywriter sono venditori, esperti nel campo del marketing, artigiani delle parole e creativi. Approfondimenti Il copywriting viene spesso definito un’arte perché il lavoro richiede molta creatività: non si può essere copywriter senza creatività, se non si sa giocare con le parole, con il loro significato, con degli espedienti retorici. Bisogna saper suscitare nella mente altrui immagini e concetti anche astratti. Inoltre, non si può dire che il copywriting sia una scienza o che abbia il rigore scientifico che porta a certi risultati. Il copywriting non altro che una sorta di attività di marketing, che richiede una certa comprensione degli obiettivi del marchio, dei mercati e degli obiettivi di riferimento, nonché un’accurata analisi e ricerca strategica, al fine di ottenere un determinato effetto. Quali testi scrive un copywriter?I testi scritti da un copywriter sono numerosi e sono destinati sia alla pubblicità offline che online. Alcuni esempi di testi offline: annunci pubblicitari per riviste e quotidiani o cartelloni, in tutte le componenti di headline , body copy, slogan o claim ; testi presenti sul packaging, su confezioni di prodotti, talvolta contenenti anche coupon da utilizzare per i successivi acquisti e inviti a fare delle raccolte punti; brochure, cartoline, flyer, ecc.; spot televisivi e radiofonici; lettere commerciali. Alcuni esempi di testi online: newsletter e più in generale testi per attività di email marketing con scopo di vendita; schede prodotti su siti di e-commerce ; annunci pubblicitari per piattaforme online; testi che contengono call to action; banner; podcast con scopo pubblicitario o promozionale (seppur più strettamente afferenti al settore del content marketing); articoli con scopo pubblicitario o promozionale (seppur più strettamente afferenti al settore del content marketing); conclusioni Per concludere quindi cosa non dovrebbe fare un copywriter? A SMAU Napoli 2018 Alfonso Cannavacciuolo – autore del libro “Manuale di copywriting e scrittura per il web” – ci ha così risposto: «un copywriter non dovrebbe considerare il proprio lavoro come oggetto artistico. Il copywriter è una persona che scrive con intenzioni commerciali, deve vendere o promuovere qualcosa, quindi non deve considerarsi uno scrittore, un poeta, o un giornalista, che scrivono ma hanno altri obiettivi. Un copywriter scrive per convincere le persone a comprare un prodotto o un servizio».

Neuromarketing: approfondimento

Prima di entrare nell’approfondimento di cos’è il neuromarketing, rivediamo insieme la definizione dello stesso, cos’è e come nasce. Cos’è il neuromarketing?Il neuromarketing è una disciplina emergente nata dall’applicazione delle conoscenze e delle pratiche neuroscientifiche nel marketing, per analizzare i processi irrazionali in atto nella mente dei consumatori che influenzano inconsciamente le decisioni di acquisto o influenzano i marchi più o meno emotivamente coinvolti. Come nasce il neuromarketing?Il termine “neuromarketing” è stato coniato da Ale Smitds nel 2002 per riferirsi all’uso delle tecniche delle neuroscienze per comprendere meglio i consumatori e sviluppare strategie di marketing più efficaci. Questa disciplina emergente presenta soluzioni complementari alla ricerca di mercato tradizionale, offrendo soluzioni ad alcuni dei problemi e dei limiti associati a quest’ultima. Si deve presumere che non sempre gli individui dicono ciò che pensano: la vergogna, il pregiudizio o la paura di essere giudicati dagli altri, infatti, possono moderare le risposte a questionari e focus group. Oltre a ciò che le persone scelgono di non dire, ci sono molti fattori che influenzano la percezione all’insaputa dell’individuo. Per il marketing, la grande innovazione apportata dal neuromarketing prevede l’utilizzo di strumenti e conoscenze neuroscientifiche. La disciplina si ispira però anche ad altre scienze che negli anni si sono rivelate utili per comprendere i consumatori e cosa li spinge all’acquisto. Riferimenti all’economia comportamentale, alla psicologia cognitiva e sociale, infatti, si trovano spesso nella letteratura e nelle ricerche condotte in questo campo. L’intreccio di queste discipline permette di costruire un quadro più completo dei consumatori e delle motivazioni inconsce che guidano le scelte quotidiane. APPLICAZIONE DELLE TECNICHE NEUROSCIENTIFICHE AL MARKETING Secondo Gerald Zaltman, il 95% delle decisioni dei consumatori sono influenzate coinvolgendo processi inconsci e sono quindi irrazionali. Nel corso della giornata, siamo costantemente esposti a innumerevoli input sensoriali come pubblicità, annunci pubblicitari, cartelloni stradali, design di prodotti ed esperienze di consumo, che, se ritenuti rilevanti, vengono archiviati nella memoria in modo che i nuovi ricordi possano essere collegati a precedenti altri acquisti effettuati. Il nostro cervello scansiona inconsciamente stimoli diversi, e sono questi meccanismi che ci portano ad associare marchi diversi, associandoli a specifici odori, suoni, colori, sensazioni o emozioni. Le tecniche di neuroscienza rivelano queste dinamiche, consentendo alle aziende e agli operatori di marketing di ottenere informazioni sui veri bisogni, desideri e percezioni dei consumatori mentre analizzano le risposte emotive e cognitive dei consumatori a vari stimoli di marketing. Studiosi come Paul Broca hanno svolto un ruolo chiave nella comprensione delle regioni del cervello coinvolte nella gestione delle emozioni. Anni dopo, sostenuti dagli sviluppi tecnologici e scientifici, neuroscienziati come Antonio Rosa Damasio, Joseph LeDoux e Paul D. McLean hanno approfondito questi temi conducendo importanti ricerche sulla funzione dei processi decisionali. A partire da questi studi, il neuromarketing utilizza strumenti come l’EEG, in grado di misurare quali aree del cervello vengono attivate durante la presentazione di una pubblicità o la presentazione di un particolare logo o prodotto. Ad esempio, sapendo che l’attivazione della corteccia prefrontale sinistra è correlata a emozioni positive, i professionisti del marketing possono ottenere informazioni su come il cervello risponde a diversi stimoli esterni. NEUROMARKETING VS MARKETING TRADIZIONALE? Gli esperti di neuromarketing sostengono che i metodi di ricerca tradizionali, come focus group e sondaggi, sono spesso estremamente imprecisi, dato che i consumatori non possono mai articolare perfettamente i meccanismi inconsci che li spingono ad acquistare determinati prodotti. Le risposte razionali dei consumatori a sondaggi o questionari, infatti, sono spesso condizionate da vari fattori più o meno consapevoli. Da un lato, gli individui spesso cercano di dare la risposta “giusta” perché sono socievoli per natura, cercano costantemente l’approvazione degli altri e questo fattore influenza le risposte e il comportamento. D’altra parte, però, ciò che pensiamo di sentire non sempre corrisponde alla realtà, motivo per cui le risposte fornite dagli intervistati spesso non coincidono con i risultati dei test di imaging cerebrale. Tuttavia, esperti come Elissa Moses, ex CEO Neuroscience and Behavioral Science Center di Ipsos, difendono la coesistenza dei due approcci, sottolineando di non sottovalutare l’importanza dell’ascolto dei consumatori, che possono comunque fornire informazioni sul processo di acquisto. informazioni utili. Come spiega Gianpiero Lugli in Tracking Emotions: How We Respond to Marketing Stimuli, “Queste nuove tecniche investigative non sostituiranno le vecchie, ma le completeranno. Infatti, le intuizioni sul comportamento umano Una piena comprensione della realtà richiede anche conoscenza delle strutture personali e sociali della realtà, che può essere ottenuta solo attraverso tecniche di intervista. Tuttavia, Elissa Moses sottolinea anche che alcuni clienti sembrano preoccupati che i risultati ottenuti attraverso metodi tradizionali come sondaggi o focus group non si allineino con quelli ottenuti attraverso le tecniche e gli strumenti delle neuroscienze. Queste situazioni rappresentano occasioni utili per imparare cose nuove, ha detto l’amministratore delegato, ribadendo: “se cerchi risultati neuroscientifici soltanto per confermare i risultati dei tuoi sondaggi allora stai sprecando il tuo tempo!”. ETICA E LIMITI Secondo Martin Lindstrom, il neuromarketing, come scienza emergente, ha dei limiti perché la nostra comprensione del cervello umano non è ancora completa. In effetti, gli esperti di scienze cognitive di tutto il mondo concordano sul fatto che la nostra comprensione di questo organo è ancora scarsa. Come spiega la famosa neuroscienziata Marlene Behrmann, “Nonostante decenni di ricerca, abbiamo ancora una comprensione rudimentale di come funziona il cervello”, quindi gli sviluppi nel campo del neuromarketing saranno limitati dagli sviluppi della scienza cognitiva. Gli enormi progressi tecnologici nel campo delle neuroscienze negli ultimi anni ci hanno permesso di ottenere immagini di alta qualità del cervello umano e delle sue attività in tempo reale attraverso la risonanza magnetica funzionale o l’elettroencefalografia. Sfortunatamente, i progressi nell’ottenere questo livello di quantità e qualità dei dati non hanno tenuto il passo con la capacità di interpretare quegli stessi dati. Inoltre, per rendere le informazioni comprensibili al grande pubblico, i media popolari ricorrono spesso a spiegazioni e modelli troppo semplificati che non corrispondono alla realtà, come quelli sul funzionamento del nostro cervello. Pensa a metafore come il “pulsante di acquisto”, che è una semplificazione eccessiva del processo effettivo che è alla base del processo decisionale

Neuromarketing: la verità dietro le nostre scelte di acquisto

Il termine “neuromarketing“, coniato da Ale Smitds nel 2002, è l’applicazione delle conoscenze e delle pratiche delle neuroscienze nel marketing per analizzare i processi inconsci che avvengono nella mente dei consumatori che influenzano le decisioni di acquisto o l’impegno emotivo con i marchi. Questa disciplina trae ispirazione da altre scienze che hanno dimostrato la loro utilità nel corso degli anni per comprendere il comportamento dei consumatori: nella letteratura e nelle ricerche condotte non di rado si possono trovare dei riferimenti all’economia comportamentale e alla psicologia sociale e cognitiva. L’intreccio di queste discipline permette di costruire un quadro più completo dei consumatori e delle motivazioni inconsce che guidano le scelte quotidiane. Rappresenta una soluzione complementare alla ricerca di mercato tradizionale, in quanto offre soluzioni ad alcuni dei problemi e dei limiti associati a quest’ultima. Partiamo dal presupposto che non sempre una persona dice la verità su ciò che pensa: la vergogna, il pregiudizio o la paura di essere giudicati dagli altri influenzano le risposte ai questionari e ai focus group (gruppi di persone selezionate da accademici e impegnate in discussioni per predeterminare temi, idee e la direzione fondamentale della popolazione più ampia). Oltre a ciò che una persona sceglie di non dire, molti fattori possono influenzare la percezione senza che l’individuo ne sia realmente consapevole. Secondo Gerald Zaltman, il 95% delle decisioni dei consumatori sono influenzate coinvolgendo processi inconsci e sono quindi irrazionali. Nel corso della giornata, siamo costantemente esposti a una miriade di input sensoriali: pubblicità, cartelloni stradali, design di prodotti ed esperienze di consumo, che, se ritenuti rilevanti, vengono immagazzinati nella memoria, consentendo a nuovi ricordi di collegarsi ad altri precedenti acquisti. Le tecniche di neuroscienza illuminano queste dinamiche, consentendo alle aziende e agli operatori di marketing di ottenere informazioni sui veri bisogni, desideri e percezioni dei consumatori, in quanto consentono l’analisi delle risposte emotive e cognitive dei consumatori a vari stimoli di marketing. Studiosi come Paul Broca hanno svolto un ruolo chiave nella comprensione delle regioni del cervello coinvolte nella gestione delle emozioni. Anni dopo, sostenuti dagli sviluppi tecnologici e scientifici, neuroscienziati come António Rosa Damásio, Joseph LeDoux e Paul D. MacLean hanno passato importanti ricerche sul funzionamento dei processi decisionali che hanno approfondito questi temi. A partire da questi studi, il neuromarketing utilizza strumenti come l’EEG per misurare quali aree del cervello vengono attivate durante la presentazione di un annuncio o la presentazione di uno specifico logo o prodotto. Ad esempio, sapendo che l’attivazione della corteccia prefrontale sinistra è correlata a emozioni positive, i professionisti del marketing possono ottenere informazioni su come il cervello risponde a diversi stimoli esterni.

Intervista a Radio Canale Italia

Qualche tempo fa sono stato intervistato ai microfoni di Story Time per le frequenze di Radio Canale Italia. Un’intervista fatta per far conoscere quella che è ormai considerata una nuova professione, il Social Media. Una professione che non esisteva fino a qualche anno fa, se non in una forma embrionale che è andata a consolidarsi con il passare del tempo e, soprattutto, con l’evolversi di quello che è il marketing digitale e il sempre più diffuso utilizzo delle piattaforme social. https://youtu.be/Phnp5TJnb4M Hai bisogno di un Social Media per la tua attività? Contattami per una consulenza o un preventivo gratuito senza impegno Accetto che i miei dati siano raccolti e conservati. Δ

Paid, earned e owned media

Si sente spesso parlare di paid, earned e owned media, ma altrettanto spesso la differenza tra queste tre categorie non risulta ben delineata. Vediamo insieme come distinguere questi canali di comunicazione e come sfruttare in maniera efficace il loro potenziale in una strategia di Content Marketing. Per prima cosa quindi definiamo i diversi canali di comunicazione a seconda che siano Paid, Earned oppure Owned, spiegando brevemente quali sono le principali caratteristiche di ogni media. PAID MEDIA: ci riferiamo, come suggerisce il nome, a quei canali in cui è necessario investire un budget determinato per essere visibili ad un pubblico che generalmente non conosce il brand e i suoi prodotti/servizi (pubblicità su giornali, TV, cartelloni, ma anche ADS su Facebook, Twitter, ecc.) EARNED MEDIA: al contrario del paid, il canale earned è totalmente gratuito perchè tutta la pubblicità è generata automaticamente dal bacino di utenza, grazie al “passaparola”, e non è assolutamente controllabile (retweets, likes, commenti, condivisioni, online reviews, ecc.) OWNED MEDIA: tutti quei canali di proprietà esclusiva del brand, che può gestire e controllare in totale autonomia (sito web, online e offline stores, blog, social networks, app, magazines, brochures, ecc.) Ora che abbiamo chiarito cosa distingue queste tre categorie di media, possiamo intuire facilmente che non si può studiare ed implementare una strategia di Content Marketing uguale per ogni canale: bisogna infatti creare dei contenuti adatti a seconda del mezzo di comunicazione che si vuole utilizzare, in modo da sfruttare in modo efficace ed efficiente le sue potenzialità. Cominciamo con gli Owned Media, ovvero i canali di proprietà del brand: sono media che vi permettono di controllare al 100% i vostri contenuti, ad un prezzo ridotto rispetto ai Paid Media, ma bisogna stare molto attenti perchè basta un attimo per perdere credibilità per colpa di una pubblicazione errata. Quindi è fondamentale utilizzare in modo combinato il proprio sito web, email e newsletter (in questo articolo potete trovare degli utili tips per migliorare la vostra strategia di Email Marketing) e i social network, per aumentare la brand awareness e di conseguenza il traffico Inbound. Passiamo, con ordine logico, agli Earned Media: per ottenere spazio su questi canali non è necessario investire del denaro, bisogna invece “guadagnarsi” l’attenzione degli utenti (nel vero senso della parola). I contenuti prodotti devono perciò saper creare Engagement, ovvero devono coinvolgere direttamente il pubblico sul web in modo da stimolarlo alla ricondivisione degli stessi e al passaparola online ed offline; sicuramente questo tipo di media risulta essere il più “credibile” da parte dei potenziali consumatori, in quanto è risaputo che l’utente tende a fidarsi maggiormente del parere e del consiglio di un altro utente come lui. Infine, arriviamo ai Paid Media che sono i più “facili” da gestire, nel senso che è sufficiente investire un budget in ADS per ottenere visibilità sul canale prescelto: sicuramente sono semplici da controllare, ma attenzione perchè la credibilità da parte degli utenti, in questo caso, è minima. Un tipo di contenuto che sta diventando un vero e proprio trend tra i grandi brand, è quello prodotto da influencer e blogger, capaci di avvicinarsi e connettersi in maniera diretta, e quindi più efficace, con gli utenti. Concludendo, è opportuno ricordare che una strategia di comunicazione vincente vede l’utilizzo combinato di Paid, Earned e Owned Media: per raggiungere il maggior numero possibile di potenziali consumatori bisogna saper sfruttare tutte le potenzialità che il mondo del web mette a disposizione, seguendo i trend di settore e aprendosi sempre alle novità.

Per ogni buon risultato serve che dietro ci sia un buon lavoro.

Crea una strategia di marketing per supportare i tuoi buoni risultati pubblicitari. L’era del marketing unidirezionale è ormai finita. La pubblicità ripetuta in modo uguale per tutti non ha più senso ormai. Il mondo sta cambiando e di conseguenza deve cambiare anche il marketing. Siamo sempre stati abituati a un tipo di pubblicità che risale agli inizi degli anni 20 del secolo scorso. Epoca in cui si iniziarono a trasmettere i primissimi messaggi pubblicitari. Prima tramite le radio e successivamente tramite la televisione e i primi canali. Ovviamente, il suo successo richiede molte più abilità che nel passato. Il content marketing è uno dei modi migliori per dimostrare esperienza e costruire credibilità. Le campagne di advertising sono sicuramente di grande aiuto per la tua attività ma, tralasciarne altre, come la creazione di buoni contenuti, ti farà perdere quello che potresti guadagnare con la pubblicità. E’ fondamentale identificare i canali di marketing che funzionano meglio per la tua azienda. I canali tramite cui aziende, professionisti e brand comunicano con il pubblico sono sempre stati tradizionalmente tre: owned, paid e earned (owned: canali di proprietà esclusiva del brand –  Paid: canali in cui è necessario investire un budget, sponsorizzate, ADS, ADV, ecc. – Earned: a pubblicità è generata automaticamente dal bacino di utenza, grazie al “passaparola”). Ma negli ultimi anni si sono fatti strada i canali rented, che sono sempre più importanti per delineare strategie di marketing efficaci. Si tratta dei social network, canali in affitto, dove un brand occupa uno spazio e lo usa per comunicare i propri valori, prodotti e servizi. I canali rented hanno enormi vantaggi anche per una PMI che vuole rafforzare la propria presenza online e lavorare sulla brand awareness. Esiste un solo marketing. Perché il marketing è uno e uno solo. Quindi, il digital marketing non è altro che il marketing applicato al canale web. A seconda del canale cambiano gli strumenti, è chiaro che sia così. Però le logiche del marketing restano le stesse. Per esempio, qualunque canale tu stia usando, è necessario che la tua azienda abbia un posizionamento di marca e che diventi un vero e proprio brand. Vale qualunque attività di acquisizione clienti tu voglia fare in seguito: sul punto vendita, in tv, alla radio, sul web ecc. Pianificare ed eseguire campagne di marketing efficaci. Molto spesso le campagne pubblicitarie vengono pianificate con mesi di anticipo e la comunicazione con tutti gli attori che operano in azienda è fondamentale per la creazione della stessa. Una collaborazione tra reparto vendite e marketing si tramuterà in una migliore personalizzazione dell’offerta con il grande vantaggio di una maggiore efficacia della campagna di comunicazione e l’aumento delle connessioni con il cliente Le campagne di marketing hanno molte caratteristiche in comune con il brand stesso, come la mission, la vision e l’identità. Queste componenti, nella pianificazione di una campagna di marketing, devono rimanere coerenti con il loro business brand, al fine di non confondere i clienti. Il successo di un’azienda dipende dalla sua cultura. La cultura aziendale di un’organizzazione non è solo importantissima a tutti i livelli, ma è anche terribilmente difficile da cambiare. Molto spesso le consuetudini non scritte, i modi di fare consolidati nel tempo, i modelli di comportamento caratterizzati da poca trasparenza o comunicazione influenzano pesantemente la cultura di un’azienda, ancor più della sua organizzazione o della natura della sua attività. Nel mercato odierno, i social sono lo strumento utilizzato dalle aziende di successo per raccontare la propria storia, interagire con la propria community e creare un seguito fedele. Lavoriamo insieme per portare la tua strategia social al livello successivo.    

Differenza tra SOCIAL MEDIA MARKETING e SOCIAL MEDIA MANAGEMENT

Innanzitutto partiamo dal concetto base COS’È’ UN SOCIAL MEDIA.Social media è un termine che viene utilizzato per descrivere una varietà di piattaforme e strumenti online che consentono alle persone di creare e condividere contenuti con gli altri. Le piattaforme di social media più comuni sono Facebook, Instagram e YouTube, ci sono inoltre LinkedIn e Twitter (attualmente in calo). Ma non solo, negli ultimi tempi sta prendendo sempre più spazio anche TikTok e non dimentichiamo social meno diffusi ma altrettanto utili come Quora, Pinterest e Twitch. Queste piattaforme consentono alle persone di connettersi oltre che ad amici e familiari anche con altre persone, aziende, attività, condividendo notizie e informazioni per costruire relazioni e interazione con gli altri, con la possibilità di creare una propria rete che possa anche far crescere il proprio business. Un vero e proprio luogo dove le persone vivono, osservano, comunicano, si relazionano, comprano e vendono. SOCIAL MEDIA E MARKETING Non c’è dubbio che coinvolgere un target di riferimento in un social network porti un vantaggio significativo in termini di realizzazione. Consente di indirizzare specificamente le persone che sono più propensi ad essere interessati a ciò che hai da offrire. Inoltre, ti consente di creare una community di persone che la pensano allo stesso modo e che possono aiutarti a supportare e promuovere i tuoi contenuti. Impegnandoti con il tuo pubblico di destinazione su un social network, puoi creare una potente comunità di sostenitori che possono aiutarti a raggiungere i tuoi obiettivi. Ecco quindi che si delinea la figura del SOCIAL MEDIA MANAGER ovvero è l’esperto di Social Media. Una persona che gestisce le comunicazioni aziendali su uno o più canali social.Dalle funzioni più naturali dei social network, come la gestione di post, immagini e community, a quelle più strategiche, come ottenere follower, attività ADS, audience targeting, visite al sito web. Per cui il SOCIAL MEDIA MARKETING vieni così definito da Wikipedia: Quella branca del marketing che si occupa di generare visibilità su social media, comunità virtuali e aggregatori 2.0 per imprese, enti pubblici, associazioni, personalità   DIFFERENZA TRA SOCIAL MEDIA MARKETING E SOCIAL MEDIA MANAGEMENT C’è una grande differenza tra il social media marketing e la gestione dei social media. Il social media marketing è il processo di creazione di contenuti e di condivisione su piattaforme di social media con l’obiettivo di attrarre e coinvolgere i clienti. La gestione dei social media è il processo di supervisione ed esecuzione di un piano di social media marketing. Include attività come la creazione e la pubblicazione di contenuti, il monitoraggio delle conversazioni, la misurazione dei risultati e l’ottimizzazione delle campagne. A questo punto dobbiamo definire la distinzione più importante nel campo del social media management, la differenza tra page management e marketing. SOCIAL MEDIA MANAGER SOCIAL MEDIA MARKETER SOCIAL MEDIA MANAGER si occupa della crescita a lungo termine di una pagina gestendo comunicazioni, grafica, post, follower, commenti, pianificazione editoriale e altro ancora con post organici (non a pagamento) SOCIAL MEDIA MARKETER si occupa della crescita a breve e medio termine delle pagine attraverso campagne pubblicitarie e ADS, con l’obiettivo di creare un funnel di marketing.

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